The Order, recensione del crime thriller con Jude Law

Ispirato a una storia vera, questo thriller poliziesco vede sfidarsi Jude Law e Nicholas Hoult in una drammatica vicenda che porta alla luce tensioni politiche e sociali che riecheggiano ancora oggi.

Jude Law in The Order, scena da trailer
Jude Law in The Order, scena da trailer

Dopo la presentazione alla Mostra del Cinema di Venezia 2024, arriva ora in streaming su Prime Video il thriller poliziesco The Order, ispirato a una storia vera, per la regia di Justin Kurzel (tra i cui precedenti lavori ricordiamo le trasposizioni di Macbeth e di Assassin’s Creed, entrambi con protagonista Michael Fassbender) e scritto da Zach Baylin, già candidato all’Oscar per la sceneggiatura di Una famiglia vincente-King Richard.
Nei primi anni ’80, l’agente del FBI Terry Husk (Jude Law), veterano del mestiere reduce da una serie di indagini di alto profilo, come quelle sul Ku Klux Klan e Cosa Nostra, si trasferisce nella sede di una cittadina dell’Idaho, tra boschi e montagne, sperando in incarichi più tranquilli; invece si ritrova ben presto alle prese con alcuni crimini violenti che, con l’aiuto del giovane agente di polizia Jamie Bowen (Tye Sheridan, attualmente in sala anche con Città d’asfalto), lo conducono sulle tracce di una banda criminale di neonazisti e suprematisti, sostenitori della razza ariana: il gruppo, guidato dal leader Bob Mathews (Nicholas Hoult, alla seconda collaborazione con il regista dopo The Kelly gang) sta tramando un attacco radicale contro il governo degli Stati Uniti. 
Il film si basa sul libro di non-fiction The Silent Brotherhood: The Chilling Inside Story of America's Violent, Anti-Government Militia Movement (1989) di Kevin Flynn e Gary Gerhardt, che ricostruisce la storia di The Order, noto appunto anche come la Fratellanza silenziosa, organizzazione terroristica neo-nazista le cui vicende avevano anche già ispirato un film per la tv, Brotherhood of murder-Linea di sangue (1999).

Quella raccontata da The Order è dunque una storia cupa e molto drammatica che svela odio, rabbia, brutalità presenti nel tessuto sociale di una certa America e forse non solo. Ad aumentare la sensazione di pessimismo e di fatalità c’è anche il fatto che qui troviamo il malessere anche fra i “buoni”, a partire proprio dal personaggio di Law: un uomo sfiduciato e disilluso, afflitto da problemi di salute e da tormenti legati a una situazione familiare tesa e irrisolta, quindi una di quelle persone per cui la spinta a portare ordine e giustizia nel mondo si traduce in una missione, o quasi un’ossessione che rischia di far passare tutto il resto in secondo piano (mentre vediamo il suo avversario destreggiarsi senza troppi scrupoli fra la moglie e l’amante incinta).
Tra i personaggi principali che danno corpo alla vicenda ci sono quindi alcune figure che, se non proprio stereotipate, sono comunque dei ruoli che il pubblico è abituato ad aspettarsi in una storia del genere: l’agente solitario e indurito dalla vita, il collega più giovane e dunque ancora acerbo sotto alcuni aspetti, la poliziotta dai modi bruschi, il criminale dall’aspetto all’apparenza accattivante e seducente.

Quello che forse la sceneggiatura non riesce ad afferrare e a esprimere fino in fondo è la portata di quella vicenda, che portò a quella descritta ancora oggi come una caccia all’uomo tra le più ampie nella storia del FBI, così come alcuni crimini efferati commessi dall’organizzazione hanno avuto una vasta risonanza anche in campo culturale: un esempio è la vicenda di Alan Berg (qui interpretato da Marc Maron quasi in un ruolo-cameo), conduttore radiofonico ebreo che promuoveva il dialogo e idee liberali, e che aveva già parzialmente ispirato la trama di Talk radio (1988) di Oliver Stone e di Betrayed-Tradita (1988) di Costa-Gavras, ma che qui è più marginale.
Un altro aspetto messo in luce dalla trama riguarda il ruolo del libro The Turner Diaries, mostrato più volte nel film, considerato una pietra miliare per il nazionalismo bianco (vi si elencano i passi necessari a organizzare una rivoluzione che porta a una vera e propria guerra): questo romanzo, ci viene ricordato alla fine del film, ha continuato negli anni a ispirare crimini e atti di terrorismo, fino ad arrivare ai recenti e ben noti fatti dell’assalto al Campidoglio statunitense nel gennaio 2021; The Order vuole così tracciare un parallelo tra i fatti narrati nel film e il presente, come un monito a ricordare la tendenza della storia a ripetersi, altro aspetto che però forse non arriva con troppa forza allo spettatore. 
La trama si concentra quindi sulla sfida che si viene a creare tra i personaggi principali, su come alcuni aspetti degli uni e degli altri siano speculari tra di loro, ma ci dice poco, ad esempio, sul passato di Mathews, che invece avrebbe aiutato a dargli più spessore e definizione.

The Order quindi è un poliziesco ben fatto, con attori validi e delle location interessanti e che sono parte integrante della storia, ma che d’altro canto non spicca particolarmente all’interno del suo genere e ricorda, in più di un momento, tanti altri titoli più o meno recenti. 

The Order | Trailer
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