Venezia 81, con Babygirl Nicole Kidman non convince: la recensione

Babygirl con Nicole Kidman, Antonio Banderas e Harris Dickinson è un film erotico nella misura in cui mette in scena l'idea di erotismo come elemento principale, ma di erotismo tout court c'è veramente poco: manca la tensione, la passione, la lussuria. Babygirl avrebbe potuto essere molto più di quello che abbiamo visto in sala.

Nicole Kidman e Nicholas Hoult in Babygirl credit: Niko Tavernise; Copyright Miss Gabler Productions LLC; Miss Gabler Rights LLC; courtesy of La Biennale di Venezia
Nicole Kidman e Nicholas Hoult in Babygirl

Al Lido di Venezia, in fermento per l'81a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, ha fatto il suo approdo Babygirl, pellicola che ha portato nella piccola isola lagunare una star del calibro di Nicole Kidman, accolta da un bagno di folla. C'era molto interesse intorno a questo film di Halina Reijn, soprattutto perché era stato presentato come un thriller erotico, incentrato sul risveglio sessuale di una donna che finalmente aveva il coraggio di chiedere ciò che il suo corpo e, soprattutto, la sua mente anelavano. Nel ruolo della protagonista c'è, appunto, Nicole Kidman, che veste i panni di un'imprenditrice di successo, una CEO che è l'immagine pubblica di un'azienda sulla cresta dell'onda. Sposata a un uomo che la ama profondamente (Antonio Banderas), la protagonista però nasconde un segreto: è attratta da ciò che è pericoloso, a tratti umiliante. Sessualmente ha bisogno di sentire che c'è davvero un rischio, una posta in gioco così alta che perderla significherebbe perdere tutto. Suo marito è un uomo romantico, che non apprezza le dinamiche più volgari durante il sesso e così, in modo istantaneo ma inaspettato, la protagonista del film si trova attratta dal suo giovane stagista (Harris Dickinson), con il quale inizierà un rapporto sessuale basato sulla dominazione e i giochi di potere. 

Delegazione di Babygirl al photocall del film di Halina Reijn a Venezia 81 il 29 agosto 2024 Delegazione di Babygirl al photocall del film di Halina Reijn a Venezia 81 il 30 agosto 2024 / credit: Giorgio Zucchiatti/La Biennale di Venezia-Foto ASAC

Sulla carta, dunque, Babygirl aveva tutte le carte in regola per essere quel titolo capace di dare scandalo in una vetrina ancora profondamente tradizionalista come quella del Festival di Venezia. Avrebbe potuto mettere da parte tutta la narrazione da sempre legata al mondo femminile come qualcosa di puro, sacro e innocente e sondare i desideri femminili, l'ambizione sessuale e la lussuria carnale che, proprio come avviene nell'altro sesso, non hanno sempre a che fare con il romanticismo e che il sogno dell'abito bianco. Avremmo potuto avere una protagonista che non somigliava a niente e a nessuno, che godeva del proprio corpo e del proprio desiderio, sebbene imprigionata ancora in una società così patriarcale da farle provare un cattolico senso di colpa. Purtroppo quasi niente di quello che è stato promesso a monte è stato realizzato dalla regista. Babygirl è un film che non ha il coraggio di osare, di spingersi al di là di una mera proposizione di battute spesso di dubbio gusto, che finiscono con l'apparire a metà strada tra il grottesco e l'imbarazzante. Il risultato? In molte scene che avrebbero dovuto avere quella tensione tipica dei thriller o dei drammi psicologici si giungeva a una costruzione narrativa involontariamente comica, che strappava una risata laddove (forse) avrebbe dovuto suscitare una torsione alle budella. 

Babygirl è un film erotico nella misura in cui mette in scena l'idea di erotismo come elemento principale, ma di erotismo tout court c'è veramente poco: manca la tensione, la passione, la lussuria. Tutto è messo in scena con una certa mancanza di partecipazione che fa sì che il film non riesce a scrollarsi di dosso la sensazione di deja-vu, diventando un mero esercizio di stile che non riesce a brillare sotto nessun aspetto. Anche la sceneggiatura, infatti, lascia molto a desiderare. Se è vero che il desiderio si basa molto sul non detto, su ciò che si suggerisce senza bisogno di grandi spiegazioni, un'opera cinematografica ha bisogno di dare almeno qualche punto di riferimento allo spettatore, che invece naviga a vista con informazioni lacunose, dettagli gettati in mezzo all'arena senza che essi avessero una qualche utilità e discorsi più o meno seri - come quello della presenza delle donne in ruoli di potere - che vengono chiamati in causa come se fossero quote di partecipazione e non un vero argomento di conversazione. Anche la recitazione è molto spesso esagerata, spinta all'estremo, finendo con apparire così falsa che nessun vero coinvolgimento è possibile. Peccato, perché Babygirl avrebbe potuto davvero essere molto più di quello che abbiamo visto in sala.