A Real Pain, recensione del film con Jesse Eisenberg e Kieran Culkin


A real pain ha per protagonisti due cugini, David (Jesse Eisenberg) e Benji (Kieran Culkin), ebrei americani che decidono di fare un viaggio insieme per onorare la memoria della nonna polacca, recentemente scomparsa: così i due prendono parte a un tour guidato che li porterà nei luoghi simbolo dell'Olocausto in Polonia fino ad arrivare al villaggio natale della nonna; il viaggio si rivelerà un'avventura a tratti turbolenta, che farà riaffiorare ricordi, emozioni, affetto e vecchie tensioni.
Il film è dunque una sorta di road movie su una strana coppia: si nota da subito che i due cugini, coetanei e un tempo molto legati ma che come ammettono loro stessi ultimamente si sono allontanati, sono diametralmente opposti: David è serio, inquadrato, leggermente ansioso, con un lavoro sicuro anche se non esattamente emozionante e una famiglia che lo aspetta a casa, con moglie e un bambino piccolo; Benji invece è la mina vagante, un uomo che non ha ancora trovato il suo posto nel mondo, senza una dimora né un impiego stabile, e inoltre anche se all'apparenza si presenta come un trascinatore entusiasta, anticonformista e avventuroso, spesso poi è pronto a contestare norme e usanze con teorie caustiche e polemiche.
Jesse Eisenberg ha ovviamente alle spalle una lunga e proficua carriera di attore, ricordiamo su tutte la sua interpretazione candidata all'Oscar di Mark Zuckerberg in The social network di David Fincher, e affermandosi anche con ruoli del ragazzo ebreo vagamente nevrotico tra cui due film di Woody Allen che per breve tempo lo avevano eletto come possibile nuovo alter ego del regista; oltre alla recitazione Eisenberg ha comunque già da tempo dimostrato una vocazione alla scrittura, con la pubblicazione di saggi, articoli di giornale, racconti, audiobook e soprattutto spettacoli teatrali, prima di passare dietro alla cinepresa con il suo film d'esordio alla regia, Quando avrai finito di salvare il mondo (2022), arrivato da noi direttamente in homevideo, in cui non compariva come attore.
Con la sua opera seconda A real pain (che vede tra i produttori anche l'amica e collega Emma Stone), l'attore e regista ha fatto un salto in avanti sicuramente dal punto di vista dell'attenzione e degli elogi ricevuti, entrando anche nel vivo della stagione dei premi cinematografica; anche se non è esattamente un film autobiografico, la sceneggiatura (attualmente candidata all'Oscar) nasce comunque da esperienze personali dello stesso Eisenberg, anche lui di origini polacche come il suo personaggio, che ha utilizzato tra le location anche la vera abitazione dei suoi antenati e che riprende nomi dei personaggi e alcune tematiche da due dei suoi spettacoli teatrali, The spoils e The revisionist.
Il riconnettersi alle proprie radici ebraiche è un tema sentito non solo dall'autore ma da molti americani, compresi alcuni degli stessi membri del cast (come Jennifer Grey, la protagonista del cult Dirty Dancing, che qui interpreta una degli altri partecipanti al viaggio).
Il film mostra così un certo numero di situazioni spesso surreali e paradossali, con momenti d'imbarazzo che diventano spassosi e viceversa, in bilico tra una leggerezza allegra e un'atmosfera più cupamente malinconica; a volte è il preciso e organizzato David a non saper gestire una situazione che sembra sfuggirgli di mano, a volte invece è Benji che destabilizza gli equilibri del gruppo.
L'autore vuole fare anche una riflessione critica sul cosiddetto "turismo dell'orrore", le iniziative che si propongono di ripercorrere luoghi ed eventi dolorosi ma con un approccio ipocritamente edulcorante.
Il "dolore vero" del titolo vuole quindi mettere a confronto chi è in preda alla depressione e altri mali moderni che hanno prodotto individui infelici e smarriti, con il trauma collettivo e storico di popoli alle prese con guerre e genocidi (ma è anche un gioco di parole su un'espressione che in gergo sta a indicare una persona estremamente fastidiosa o problematica).
Più che sulle sue tematiche generali, già molto sfruttati sullo schermo e quindi non proprio originali e per lo più prevedibili (dal viaggio all'aspetto del buddy movie, con divergenze e non detti che riemergono poco per volta lungo il tragitto) il film si regge su una serie di singoli momenti che mostrano lo sforzo congiunto tra scrittura e recitazione, in maniera efficace anche se a tratti un po' forzata e ridondante o ripetitiva. Eisenberg si ritaglia quindi un personaggio a lui congeniale, ma il jolly è Culkin (candidato all'Oscar e che ha già portato a casa molti altri premi per questo ruolo) che sfrutta il momento d'oro professionale raggiunto con la serie di culto Succession; i personaggi secondari invece, dopo un inizio che sembrava promettere di più, rimangono poco delineati.
A fare da sfondo alle loro peripezie ci sono gli scenari pittoreschi di una Polonia ritratta in maniera molto luminosa, nonostante gli echi della guerra, mentre la colonna sonora è punteggiata da diversi pezzi di Chopin, anch'egli polacco.
A real pain è dunque un film che sicuramente servirà a cementare lo status di Jesse Eisenberg come autore a tutto tondo e lo vedrà destinato a progetti sempre più importanti, per aver realizzato qui una pellicola dal tocco leggero e delicato che unisce riflessioni intime e familiari alla Storia, tra legami collettivi e memorie condivise.
